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domenica 1 settembre 2013

In una notte di Luna Piena..(cronaca della nascita del mio secondogenito)

Il 21 agosto c'era la Luna Piena.
Diverse persone, tra parenti ed amici, mi dicevano che avrei partorito prima della scadenza prevista -31 agosto- a causa del cambio di Luna che, con i suoi cicli di ventotto giorni regola le maree, sarebbe stata determinante anche per le nascite nel periodo.
Mi sono messa a cercare in rete il perché di questa credenza. Pura curiositá. Infatti pare che negli ospedali si verifichino pienoni nei pronto soccorso ostetrici, proprio nelle notti di cambio di Luna, o nelle due successive.
La Luna, che con le sue fasi regola le maree, avrebbe dunque influenza sui liquidi. Alle tre del mattino, dieci giorni prima della scadenza prevista, mi si è rotto il sacco superiore e mi sono ritrovata in una piccola pozza d'acqua limpida.
Un'ora dopo ero al pronto soccorso ostetrico dell'ospedale San Gerardo di Monza. Portata in sala monitoraggio, mi si é rotto anche l'altro sacco: un fiume in piena. Mi hanno messo una flebo con antibiotico (l'ambiente non era più sterile e andava coperto dal rischio di infezioni). Dopo un paio d'ore, in assenza di contrazioni, mi hanno ricoverata in reparto ostetricia, con le degenze. Antibiotico ogni otto ore, monitoraggio, pressione e temperatura, ossigenazione del sangue. Tutto costantemente sotto controllo. Fino alla una della notte dopo, nemmeno l'ombra di una contrazione. Poi sono partite, ma lontane, niente dilatazione.
La mattina del 23 inizio a sentire un dolore molto più forte, vengo visitata e mandata in sala parto. Sono le 11.00. Ci siamo.
Arrivo e chiedo subito la partoanalgesia, la dolcissima ostetrica mi informa che ci vogliono una serie di circostanze: averne parlato con la ginecologa, partecipato all'incontro di gruppo, fatto il colloquio con l'anestesista, firmato il consenso informato, ricevuto il certificato e soprattutto che gli esami per la coagulazione del sangue diano l'idoneità. Io le ho tutte, sono preparatissima.
Mi viene mandato un simpatico anestesista che con molta calma mi spiega cosa farà con la sua collega e i due assistenti nei prossimi 30/40 minuti. Mi fanno sedere sul lettino e l'unico 'dolore' che sento è quello dell'anestesia locale, necessaria all'inserimento del caterere per l'analgesia.
Non devo muovermi e nonostante arrivi più di una contrazione il mio cervello domina il corpo mantenendomi immobile.
Quando hanno finito, ho un tubicino che mi spunta da dietro la spalla destra, con una valvolina che lo chiude. La schiena è coperta da un grande cerotto che mi permette di sdraiarmi a pancia in su, di lato, di alzarmi e camminare.
Mi fanno una prima piccola dose di analgesico perché io senta l'arrivo delle contrazioni e perché non venga inibita la partenza del travaglio. Che parte regolarmente.
Dopo un'ora in cui riesco a dormire un po' li avverto che inizio a sentire più dolore, torna l'anestesista e inietta nel tubicino sulla spalla una dose maggiore di analgesico. In mezz'ora sono completamente anestetizzata, da sotto il seno ai piedi (ma posso muovermi benissimo) la carne è insensibile come quando si va dal dentista e il labbro 'dorme'.
Unica sensazione, frequentissima, un leggero prurito. Sono a sette centimetri e sul monitor i picchi delle contrazioni sembrano irreali: sto pucciando biscotti in una tazza di the caldo che mi ha gentilmente fatto portare l'ostetrica. Mio marito è seduto sulla poltrona di fianco a me e guarda incredulo le contrazioni sul monitor. Mi viene sonno, mi giro su un fianco e l'ostetrica mi da un cuscino per tenere separate le ginocchia (lo usavo anche io a casa la notte) cado in un sonno profondo, sono rilassatissima.
Mi sveglio che sono le 14.30, mi visitano "sei a dieci centimetri, andiamo di la nella sala grande, riesci a muoverti?" certo che riesco!
Arriviamo nella sala, una poltrona che sembra un'astronave, una vasca da bagno blu, un lettino con sopra una lampada che riscalda.
Tra poco ci poseranno il mio piccolo, penso.
Un'altra ostetrica, più anziana, entra in sala.
Mi chiedono dove sento battere la testa del piccolo, di spingere quando la sento battere.
Sento la sensazione di contatto, ma niente dolore.
Il contatto è una contrazione, mi spiegano.
Alle 15.56 nasce Giammarco, spinto fuori dalla sua mamma con tutta la forza possibile. L'assenza di dolore mi ha permesso di vedere tutto, il momento in cui è sgusciato fuori e ha subito urlato, il taglio del cordone. Tutto.
Il dopo è come tutti i parti: calo di adrenalina, capogiri, nausea. Mi sentivo davvero male, ma nelle ore successive diminuisce e sparisce. La sera mi tolgono i cerotti e il catetere dalla schiena, non sento che un pizzichino leggerissimo.
La stanza dove mi sistemano è luminosa e spaziosa. Siamo in tre ma è molto intima. Tutto il personale è li per le neomamme, dolcezza, gentilezza. Non te ne andresti più.
Nel lactarium c'è per tutte le mamme una tintura di calendola freddissima che da un sollievo meraviglioso, sopratutto a chi, come me, ha dei punti di sutura post-episiotomia.
La nursery é a disposizione, se vuoi dormire, fare una doccia, prendere un caffè fuori dal reparto, tengono il bimbo al caldo.
I letti, poi..dieci e lode.
Telecomandabili, ti alzano da soli, hanno moltissime combinazioni: una meraviglia.
Splendida esperienza al San Gerardo di Monza!

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